cultura italiana
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Appendix 2. A first product and literary example of this organization

Appendix 2. A first product and literary example of this organization

The following text has not been included within the registration's application and nevertheless has been envisaged by it (see Appendix 1) as appearing in a public version of this Statute.

Tra le qualità dell'organizzazione rientrano anche le qualità dei membri di questa: essi devono essere annoverati in modo particolare tra gli studiosi, ove, tuttavia, il titolo di studio può essere posto in secondo piano, a fronte di qualità personali, nonché di un lavoro dimostrabile, di tipo scientifico, fuori dal comune: si terrà anche conto, tuttavia, che la dimostrabilità di un lavoro scientifico di tal sorta, è spesso una conseguenza del titolo legale di studio, o insomma di un certo “status” accademico, ed esso passerà quindi a sua volta in secondo piano rispetto a un'attività, resa nel sociale, particolarmente di rilievo e meritevole di ammirazione, nell'ottica del cambiamento o meglio miglioramento sociale che l'organizzazione auspica, e si propone. In quale direzione? Lo scopo profondo dell'Istituto di cultura italiana, come dovrebbe esserlo probabilmente di ogni associazione culturale, è l'affrancamento di ciascun essere umano da tutto quel carico comportamentale, ma anche sentimentale e insomma di “struttura mentale”, che o è fuori del suo controllo, in modo che lo subisce, oppure che egli, per così dire, utilizza in modo illegittimo e senza averne la competenza, in modo, ancora peggio, che c'è un assoggettamento volontario: il che avviene in modo particolare rispetto la tecnica. Lo scopo dell'Istituto di cultura italiana non è quindi quello di liberare l'uomo dalla tecnica, bensì di fornirgli ogni strumento, tanto di genere culturale, intellettuale, e filosofico, quanto di genere scientifico e tecnologico, per affrancarlo da essa, riconducendola sotto il proprio controllo. [sotto il controllo di quell'uomo in particolare] Lo scopo ultimo di cambiamento sociale sta quindi in una società in cui ciascun membro di essa si serve di quanto è effettivamente proprietario e rientra nelle proprie capacità, dato un accesso tendenzialmente illimitato, gratuito, e costantemente incoraggiato, all'universo della cultura, della scienza, dell'informazione: ma non si serve, al contrario, di quanto trascende i propri limiti di produttività umana, mentre la persistenza entro una specifica struttura mentale non viene incoraggiata da questo tipo di società, che è al contrario improntata a un essere umano versatile, specializzantesi nei vari ambiti, tutti necessari, in modo progressivo, nel corso della vita, in modo che l'avanzamento entro uno serve all'avanzamento dell'altro. L'individuo viene quindi limitato rispetto l'ambito, diremmo anche il “regno”, della oggettività, di cui egli può disporre, in modo particolare riguardo ciò che è prodotto dall'uomo che si configura come oggettivo; mentre la società, nel suo significato più grande, cioè di comunanza e di progresso in comune, viene realizzata nel solo ambito della conoscenza. È legittimo pensare che solo entro un tale orizzonte si possano realizzare quegli ideali di giustizia sociale, che non tolgono le differenze, poiché esse stanno nella natura delle cose, e così deve essere, dalla filosofia, nonché dalla scienza politica, tanto auspicati. Nonché, naturalmente, ad un mondo popolato e dominato dagli uomini, e da ciascuno di essi in modo autonomo, in luogo che da entità, come la tecnica, l'economia, e via di seguito, di cui nessuno ha ragione, e tutti osservano come uno spettacolo (in senso proprio) che si para ad essi davanti, quale un fenomeno naturale, però di consistenza e di materia umana, che avvincendoli in modo così intimo, ed avendone soggiogato la psiche così profondamente, nega ad essi di decidere liberamente dei propri pensieri, azioni, comportamenti. Esso è, naturalmente, solo il risultato di società fondate su presupposti errati, [ancorché naturali] i quali a loro volta sono produttori di una struttura mentale che può essere decisamente modificata nell'orientamento, e dunque nella sua qualità, dalla cultura intesa nel suo senso più alto, ovvero come principio di miglioramento dello stesso essere umano.

Alcune linee guida dell'organizzazione dunque saranno: la scrittura, autonoma, del materiale che sarà poi oggetto di studio; l'utilizzo di strumenti dei quali o si conosce nel dettaglio la tecnica, oppure vi è una competenza dimostrata almeno in un ambito di essi. Ad es., la competenza profonda del software e delle sue metodologie, di un computer, ove usato quale strumento, può implicare la possibilità della competenza anche riguardo al suo hardware, considerando i limiti della natura umana, e soprattutto la corrente organizzazione sociale, la quale assolutamente non incoraggiando nel senso profondo che noi ci proponiamo, rende privati di ogni strumento, di genere materiale o non, di struttura, di appiglio comportamentale o di tradizioni, teso non soltanto a incoraggiare, ma parte della stessa quotidianità, una tale operazione multisettoriale, insomma la necessità di esternare costantemente competenze negli ambiti coi quali ci cimentiamo o dei quali ci serviamo. I limiti, così, di struttura mentale, o i cosiddetti limiti di “tempo” e di “possibilità”, rientrano in gran parte in una terribile carenza, o vera e propria organizzazione contrastante, da parte della tradizione e del tradizionale stato di cose. L'essere umano invece può essere per natura estremamente versatile, ed al tempo stesso estremamente specializzato in ognuna di queste specialità, per il fatto che il movimento e la qualità dell'intelligenza in ciascun ambito, è lo stesso, ma cambia la materia o il genere degli elementi sui quali essa si applica: il compito dell'educazione è quello non di rinchiudere questa intelligenza, la quale è universale, entro un linguaggio specifico, bensì porre in rilievo che se per un aspetto o un carattere della propria natura, la propria intelligenza universale è portata ad esprimersi avvalendosi di un certo mezzo (ovvero certi elementi di espressione, quali le note musicali, le forme pittoriche, le lettere, gli articoli legali, e via di seguito, nel gran numero della varietà dei caratteri), questo è in verità accidentale, e che essa, non appena ne abbia compreso il principio di traduzione, può esprimere la stessa qualità e gli stessi principi dell'intelligenza, in un altro ambito e con diversi strumenti: i quali altro non sono che la varietà della materia, la vastità dello spazio. All'educazione manca oggi, dunque, come una terza fase: dopo aver lasciato che ognuno si appropriasse della metodologia più congeniale alla espressione della propria intelligenza, a partire da un primo stadio di intelligenza universale, ma non sviluppata, manca il nuovo incoraggiamento ed approdo alla universalità, alla identità, nel profondo (in quanto prodotti della intelligenza) degli ambiti e dei mestieri: e manca dunque, precisamente, la liberazione dall'uomo dal mostro più temibile che egli abbia dovuto affrontare, e che trova ogni giorno sul cammino: l'altro uomo, considerato quale un limite che non è dato valicare. La società, considerata quale frantumazione, e non conquista, della completa umanità, che invece deve trovare compimento in ognuno.